Kazuyoshi Nomachi alla Reggia di Monza

Dal 30 maggio fino all’8 novembre nelle sale del Serrone della Villa Reale, alla Reggia di Monza, è allestita la mostra “Le vie dell’anima” la più grande esposizione antologica di uno dei più famosi fotografi giapponesi, Kazuyoshi Nomachi

La mostra comprende circa 200 scatti ed è articolata in 7 sezioni, ognuna delle quali fa riferimento a uno dei viaggi compiuti dal fotografo documentarista giapponese. 


E’ la ricostruzione del viaggio di una vita attraverso la sacralità dell’esistenza nella vita quotidiana, vissuta in terre tra loro distanti, ma con un fattore in comune, la spiritualità che dà ritmo e senso alle più dure condizioni. 

Una spiritualità che traspare da paesaggi di straordinaria bellezza ma anche da ritratti pieni di dignità, che si fondono con l’ambiente in composizioni quasi pittoriche, avvolte da una luce abbagliante, che trasmette contemporaneamente un senso di realtà e trascendenza. 

La prima sezione della mostra è dedicata al viaggio compiuto da Nomachi nel Sahara nel 1971. 
Questo viaggio fu la svolta nella vita e nella carriera del fotografo che smise di lavorare come free-lance per la pubblicità e decise di dedicarsi al foto-giornalismo. 

Nel 1980 fu il Nilo ad affascinarlo, questo fiume che mai si prosciuga pur attraversando l’arido Sahara. Il suo viaggio inizia con il Nilo Bianco, passa per un ghiacciaio in Uganda, costeggia il Nilo Blu e arriva negli altopiani dell’Etiopia, dal delta alla fonte. Lungo il percorso Nomachi ha catturato nei suoi scatti la forza dell’ambiente e della gente di questa regione africana estesa, scoprendo tribù di pastori che vivono a stretto contatto con le mandrie di bestiame, come nella preistoria. La terza sezione raccoglie le foto fatte in Etiopia, dove scoprì, in un’area islamica, una sopravvissuta cultura cristiana e poté visitare chiese rupestri e monasteri dove i fedeli ancora seguivano i rituali come ai tempi della bibbia.

Dal 1995 al 2000 Nomachi viaggia in Arabia Saudita e ha l’occasione di fotografare il grande pellegrinaggio annuale alla Mecca e a Medina. La quinta sezione della mostra espone le foto scattate durante il suo viaggio in Tibet. In questa occasione visita l’intera area di cultura tibetana, spingendosi fino alle terre del sacro Gange, culla dell’Induismo, tra luoghi sacri, tra pellegrini, lungo le rive di questo fiume legato al culto di Shiva. 

I viaggi in Tibet risalgono alla fine degli anni ’80. Nomachi scoprì la devozione dei tibetani per il Buddismo e comprese che in Tibet l’uguaglianza tra gli uomini è riconosciuta anche in virtù delle estreme condizioni di vita dettate dall’ambiente. 

L’ultima sezione mostra gli scatti fatti in Sud America, nelle Ande. Qui, tra Perù e Bolivia, il fotografo giapponese indaga l’intreccio tra cattolicesimo e civiltà Inca scoprendo che l’apparizione della figura di Gesù su una vetta delle Ande peruviane è all’origine del pellegrinaggio del Qoyllur Ritti. Un allestimento incredibile, curato da Peter Bottazzi, che porta i visitatori in un percorso affascinante e coinvolgente. 

Nomachi ha dedicato la sua vita, per oltre quarant’anni, al tema del sacro, nelle sue mille sfaccettature. 

 @Stefania Cappelletti

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